Il cheese di allora, la lingua di ora: dagli immobili creazionisti ai dinamici darwiniani

Quando guardo le foto dei miei genitori sorrido amaramente: sono tutti così impostati. Non mi sono mai piaciute, non le capisco: perdere un attimo della propria vita per imprigionare per “sempre” un attimo che non hai vissuto perché eri focalizzato nel focalizzarlo. Quando guardo le foto dei miei coetanei, o quasi, che non perdono l’occasione di fare diventare pubblica qualsiasi loro esperienza, sorrido amaramente: sono tutti così impostati. Tante bocche a sedere di gallina ( a dir il vero un po’ passata di moda) e tante lingue, come fossero tutti dal dottore a farsi controllare le tonsille. Non che io abbia qualcosa da ridire sul Bon Ton, ma trovo esilarante che una persona non riesca a definire i confini della propria intimità, figuriamoci tentare di difenderla, e che non ci sia nemmeno un miserevole tentativo di un minimo di originalità. Nel locale di turno con la serata la cui specialità è direttamente proporzionale alla quantità di alcool assunto, dove tutti, tutti, sottolineo tutti gli appartenenti al sesso maschile indossano una camicia ( anche questo mi fa sorridere se penso a quanti hanno odiato la camicia del padre) e/o al massimo i più originali un gilet, con un bicchiere in mano e la lingua inevitabilmente di fuori; il sesso femminile, invece, si contraddistingue  per la maggiore originalità nel vestire, non posso affermare lo stesso sulla posa: un bicchiere in mano con la boccuccia a culo di gallina a baciare “l’amorina” di fianco.  Non capisco il cheese di allora e non capisco la lingua di ora. Non riesco nemmeno a giustificarlo come umano e comprensibile narcisismo. Certo non mi intendo di fotografia, ne so esattamente un fico secco, ma un minimo di senso della bellezza ha investito qualche piccola parte della mia corteccia cerebrale, ed è proprio questa piccola piccolissima parte che non riesce proprio a carpire il bello in queste inquadrature e il loro valore artistico. Sicuramente è un mio limite. A maggiore ragione mi risulta di difficile comprensione il valore affettivo che può avere una foto in cui si mostra le papille gustative, forse è per vedere la loro evoluzione nel tempo. Siamo tutti dinamici darwiniani noi altri, mica come voi immobili creazionisti.

Un post quasi d’amore

Stato innaturale di Valeria Vaglio

Quando mai vuol dire un sempre
quando un sempre è un paradosso
quando per capire il senso
devi andare in controtempo
quando sei soltanto un’ombra
nella vita di qualcuno
e ti basta perché senza
non saresti più nessuno
quando la comodità
di un amore a intermittenza
ti presenterà il suo conto
e non sarà mai abbastanza
quando il tempo sfoglierà
le pagine di questo amore
e ti sembrerà assurdo
non poterlo raccontare
perché amare fino in fondo è uno stato innaturale
che prevede l’esclusione di ogni forma razionale
è un lanciarsi senza rete
tra i coriandoli e le rose
è un bastione da scalare
è la mente che si illude

quando recintare il cuore
con una gabbia di spine
sembrerà la soluzione
più adeguata per star bene
quando avanzare è un rischio
più rischioso è non rischiare
e non c’è utopia più grande
del doversi accontentare
quando vivere a metà
è una forte tentazione
che si eclissa in un istante
dove affonda la ragione,
quando il mondo è in controluce
e ti senti un negativo
modula l’esposizione
non cambiare l’obiettivo.
perché amare fino in fondo è uno stato innaturale
che prevede l’esclusione di ogni forma razionale
è un lanciarsi senza rete
tra i coriandoli e le rose
è un bastione da scalare
è la mente che si illude
è un lanciarsi senza rete
tra i coriandoli e le rose
è un bastione da scalare
è la mente che si illude

Presto donerò un rene

Nuova proposta della Lega:

Dato che la salute degli italiani è la cosa più importante ed è la priorità di tutti noi, per potere avere il permesso di soggiorno sarà richiesto a tutti i cittadini extracomunitari di donare un rene. Perché questa gente “senza arte né parte”  deve potere vivere tranquillamente quando ci sono nostri cittadini che soffrono immensamente? Prima gli italiani.

Visto l’ultima proposta ingiusta, disumana, razzista e tutti i peggio aggettivi che si possano trovare, ovvero la cassa integrazione limitata a sei mesi per i lavoratori extracomunitari, non mi stupirei se la Lega uscisse fuori con una proposta di donazione forzata di organi per potere avere il permesso di soggiorno.

Non importa se si è fatto una vita qua, prima gli italiani, cosa i suoi figli vanno a scuola? E chi se ne frega prima gli italiani. Paga le tasse come tutti gli altri lavoratori? E chi se ne frega prima gli italiani. Come è una legge razzista? E chi se ne frega l’Italia agli italiani.  Non è giusto? E chi se ne frega a casa mia comando io. È arrabbiato e ritiene le nostre leggi ingiuste nei suoi confronti? Lo vede lei è sicuramente un terrorista islamico che non vuole i crocifissi sui quali noi sputiamo e bestemmiamo, ma di cui abbiamo certamente bisogno per poterci sentire italiani. Cosa le stiamo rendendo la vita un inferno? E chi se ne frega, nel caso se ne sia dimenticato è stato lei a venire in Italia, siamo noi che le diamo casa e lavoro.

Poi ci si stupisce se la gente canta cori come “Un negro non può essere italiano”, le vere merde e i veri razzisti l’Italia li ha in seno al suo parlamento. È una vergogna, inaccettabile. Non si può piegare la testa per sempre ed essere derisi, umiliati, sfruttati in continuazione, sentirsi privati della propria dignità di essere umani e non avere il diritto di aprire bocca, qualcuno lo dovrebbe capire.

Destinazione: Dio

Leggo ora che è ripartito, dopo circa quattordici mesi di stop, LHC ovvero lo strumento tramite cui si potrebbe capire le caratteristiche dell’universo nelle prime frazioni di secondo dopo il Big Bang. Tramite l’acceleratore si potrebbe scoprire particelle subatomiche finora ignote, che ci spieghino di cosa è composta la materia a livello dell’infinitamente piccolo. Se l’esperimento riuscisse, sarebbe una cosa spettacolare ( stento a crederci), e la scienza finalmente potrebbe dare una risposta anche alla domanda delle domande.

La parolaccia per portare a sé.

Il ricorso continuo alla demagogia non è certo una novità della politica italiana. E’ un fattore che accomuna un po’ tutti destra,  sinistra,  neutri,  centristi,  indefiniti, ambigui, estremisti, statisti. La demagogia porta con sé volgarità spesso nel linguaggio, e sempre nel pensiero. Con volgarità intendo sia il significato originale sia quello assunto nel corso dei secoli.
Un esempio, l’ultimo, di volgarità di linguaggio è quel “stronzi”  pronunciato dal presidente della Camera.
Constatazione: come mai ogni uscita del presidente Fini diventa un caso politico? Va a parlare in qualunque posto e subito i titoli in prima pagina. Un po’ mi affascina un po’ m’inquieta questo personaggio. Fine della constatazione.
Quanto è efficace quel “stronzi”. Da un lato provoca l’ilarità del giovanissimo pubblico, che si desta probabilmente dal sonno in cui era piombato; è fatta il pubblico è stato sedotto. Dall’altra parte comporta video su youtube, articoli di giornale, sterili polemiche politiche sul nulla, e soprattutto la legittimità dell’ambizione a divenire statista. Naturalmente quel “stronzi” pronunciato in quel modo non ha l’intenzione di offendere nessuno del resto è vano,  non porta con sé nessun concetto, è fine a se stesso. E’ rappresentativo di quella che è la politica: dire qualcosa per prendersi i plausi della platea, non importa ciò che dici, quello che pensi, tanto meno quello che hai fatto e che farai  l’importante è portare a sé il pubblico, e per farlo ogni mezzo è lecito. Come se la validità di un politico si potesse giudicare tramite un applausometro.
Non c’è nulla di sbagliato, del resto, nel cercare di piacere, è così umano. Il punto è quanto questo possa essere utile. E’ lecito usare qualsiasi mezzo pur di piacere?  Questo desiderio di piacere non rischia di trasformarsi in un compiacimento fine a se stesso?

 

Difendiamo il crocifisso e uccidiamo Cristo.

Ho deciso di partecipare anche io all’operazione “White Christmas”. La mia scelta è dovuta a diversi motivi: il primo è che suona così bene, sa di campagna militare, e a me la guerra  è sempre un po’ piaciuta.  Il secondo motivo è dovuto alla mia ricerca spirituale, e credo che questa operazione possa riportarmi sulla retta via, dato che ultimamente l’avevo un po’ smarrita. Invito tutti gli amici cristiani a seguirmi, e a intraprendere il viaggio con direzione Coccaglio, in nome della cristianità del Natale. Combattiamo per  difendere la nostra fede, messa così a dura prova da questi musulmani terroristi e pedofili, che vogliono conquistare l’Europa, che vengono qui a rubarci il lavoro, la casa, a stuprarci le donne, a togliere i crocifissi dalle nostre scuole.  Il Natale non è la festa dell’accoglienza questo sono quelle stupide cose comuniste, il Natale è una festa Cristiana, ripuliamo la nostra società da questi criminali clandestini.

Arriverà il momento in cui qualcuno dirà ai signori leghisti basta?!

C’era una volta la politica di pancia ed erano bei tempi

“Siamo venuti nella determinazione di abolire come Abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo, sia presente, sia contumace, ed ancorché confesso, e convinto di qualsivoglia Delitto dichiarato Capitale dalle Leggi fin qui promulgate, le quali tutte Vogliamo in questa parte cessate ed abolite.”
Così il Granduca Leopoldo nel suo ormai celeberrimo editto, e udite udite siamo nel lontano 30 novembre 1786, ripeto 1786!
Da queste parti del mondo il 30 novembre non si va a scuola, però nei calendari non è segnato di rosso. O che storia è questa? Se si domandasse a moltissimi ragazzi perché il 30 restano a casa credo che tutti o quasi sarebbero in grado di dare la risposta esatta ovvero:  è la “Festa della Toscana”. Laddove però si volesse approfondire il discorso, chiedendo loro perché la Toscana festeggia proprio il 30 novembre e non il 14 di aprile, non saprei quanti sarebbero in grado di dare una risposta da ritenersi anche lontanamente giusta. Con questo non voglio attaccare il livello culturale medio di ragazzi e ragazzini, giovani e giovanissimi, adulti e adultissimi, vorrei invece raccontare qualcosa che mi ha inizialmente sconcertato, poi mi ha demoralizzato dopo di che mi ha definitivamente fatto venire la voglia di andare ad abitare su una nana bianca.
Così vagando un po’ su internet, tra un blog e l’altro tra un profilo e l’altro, mi imbatto in alcuni gruppi un po’, diciamo così, ambigui i cui titoli suonano perentori: “Se vieni qui rispetti le leggi altrimenti fuori” con sottotitolo “Torna a casa tua rumeno di merda”, “Stupra a casa tua rumeno di merda”, “Basta Rumeni di merda” etc. Presa da un violento attacco di masochismo ho voluto subito informarmi su cosa dicevano del mio popolo, ma ho scoperto, ci sono anche rimasta male, che non andiamo più di moda, pazienza. L’unica cosa che ho trovato senza dovere cercare in eterno è stato “Buttiamo gli albanesi nella discarica”, ma non mi è sembrato eccessivamente offensivo. Ora, ormai sono una “donna” navigata, non mi spavento né  mi stupisco nel vedere gruppi del genere, quello che però genera in me terrore sono i commenti lasciati dagli adulti di domani in questi siti. La faccio breve, riporterò un commento che sintetizza il tutto “Se uno stupra mio figlio… Pena di morte! Te saresti capace di perdonare? A parole sono tutti bravi…”
La domanda sorge spontanea: che cosa c’entrano i rumeni con un eventuale stupro di tuo figlio? Ma lasciamo fare.
Mi sconvolgono queste parole se fosse stato uno solo avrei risolto tutti i miei dubbi attribuendogli gravi handicap mentali, ma dato che a pensarla in questo modo erano in diversi mi pongo qualche domanda in più, anche se forse la risposta di prima rimane valida. C’è chi invoca l’acido,chi la castrazione chimica e chi dice che questi immigrati di merda vengono qui e vogliono togliere il crocifisso (senza alcun nesso a mio avviso, ma lui l’ha visto e voglio sperare che ci sia), chi sostiene la superiorità della propria razza, chi dice che i rumeni sono stupratori e i musulmani tutti terroristi che vogliono conquistare l’Italia. Discorsi così senza alcun nesso l’uno con l’altro, con una pochezza intellettiva disarmante, ma ormai questo non mi preoccupa più, colpisce però il mio sguardo così orgogliosamente democratico il ragionamento che c’è dietro: si ragionava una volta di pancia ora non più, ora si ragiona di bile. La politica della vendetta, la politica del più forte, la politica del se mi fai tot ti faccio tot elevato alla decima, la politica della scarsa fiducia nel proprio Stato, la politica di chi non conosce la propria costituzione, la politica dell’ignoranza, la politica dell’esaltare gli idioti, la politica del chi l’ha duro, la politica della violenza, la politica degli stolti, la politica del terrorizzare per non morire di terrore, la politica dei cuori aridi.
Come sarebbero facilmente raggirabili questi ragazzi? Cosa è stato insegnato loro? Cosa accadrà quando il mondo volenti o nolenti finirà nelle loro mani, nelle nostre mani? Si rende conto questo paese di che male morirà? Come è possibile che nella vecchia democratica Europa ci siano meccanismi del genere? Noi che tuttora andiamo in giro per il mondo a parlare di diritti umani e facciamo moratorie contro la pena di morte, ci stiamo rendendo conto di che cosa si sta sviluppando nella nostra società, nelle nostre case?
1786, 1786, 1786 mi ripeto esterrefatta.

Tempi brutti per la poesia

Sì, lo so: solo il felice
È amato. La sua voce
È ascoltata con piacere. La sua faccia è bella.L’albero deforme nel cortile
È frutto del terreno cattivo, ma
Quelli che passano gli danno dello storpio
E hanno ragione.

Le barche verdi e le vele allegre della baia
Io non le vedo. Soprattutto
Vedo la rete strappata del pescatore.
Perché parlo solo del fatto
Che la colona quarantenne cammina in modo curvo?
I seni delle ragazze
Sono caldi come sempre.Una rima in una mia canzone
Mi sembrerebbe quasi una spavalderia.

In me si combattono
L’entusiasmo per il melo in fiore
E il terrore per i discorsi dell’imbianchino. *
Ma solo il secondo
Mi spinge alla scrivania.

 

O segnor, per cortesia, manname la suina

Oggi sono a casa. Sono a casa perché ieri a dieci minuti dalla fine della partita, cioè quando la mia mamma stava per recarsi tra le braccia di Morfeo, l’Inter perdeva e con l’Inter anche io circa una cinquantina di euro, quindi sono rimasta a casa. La situazione poi è cambiata, due gol in cinque minuti e i miei cinquanta euro sono ancora salvi anche se un po’ a fondo perduto, dato che ho scommesso sull’Inter finalista in Champions League, però la mamma s’era già addormentata e non potevo certo svegliarla.
Il vero motivo per cui sono a casa in realtà è un altro: ho la suina, l’influenza A, del resto ben mi sta non mi sono vaccinata. Accendo la tivi e per Giunone cosa vedo? Altri sei morti a causa del virus A H1N1, però il buon Michele Cucuzza spiega subito che in realtà costoro, pace all’anima loro, erano affetti da altre patologie e subito si sente un sospiro di sollievo.

I pendolari mi capiranno benissimo e sanno a cosa mi riferisco. Ogni volta che vedi il treno arrivare c’è un interrogativo lacerante a cui dare una risposta immediata: dove salgo? Dove mi siedo? Tutti noi abbiamo le nostre strategie per fare in modo che il treno ci lasci proprio all’ingresso del sottopassaggio, o comunque il più vicino possibile all’uscita. Ormai da anni, ho elaborato una teoria che mi ha richiesto molti sforzi basata su dati scientifici, sperimentali, statistici. Quasi infallibile. Ovviamente non posso farla diventare di dominio pubblico altrimenti non trovo più posto a sedere. Ora però qualcosa è cambiato. C’è una rivoluzione in atto. Il mio cervello ha deciso di agire da solo senza chiedere consiglio alla mia coscienza e ha stabilito lui, io non c’entro nulla, di andare nei vagoni meno frequentati, seguendo una specie di legge della diffusione. In realtà credo che l’abbia fatto perchè ha paura della suina, del resto sedendoti ove non c’è nessuno i rischi sono minori. Come biasimarlo?
Tutti ci dicono che questa influenza A in realtà è un’influenza normale, però intanto sappiamo vita morte e miracoli di tutte le sue vittime. Bello davvero questo, così si dà valore ad ogni singola morte, ad ogni singola persona, però il dato che si preoccupano di darci subito è se il morto fosse o meno affetto da altre patologie. Sembra quasi che questo rappresenti una giustificazione della morte, in questo modo i sani possono starsene tranquilli e beati. E’ la selezione naturale.
Tutta questa cazzata della suina mi ha fatto venire in mente una poesia di Iacopone da Todi che a suo tempo mi fece molto riflettere e mi colpì a tal punto da impararmela a memoria quasi tutta.
O Segnor, per cortesia,
manname la malsania,
A me la freve quartana,
la contina e la terzana,
la doppia cotidïana
5
co la granne etropesia.
A me venga mal de denti,
mal de capo e mal de ventre,
a lo stomaco dolor pognenti,
e ‘n canna la squinanzia.
10
Mal degli occhi e doglia de fianco
e l’apostema dal canto manco;
tiseco ma ionga en alco
e d’onne tempo la fernosia.
Aia ‘l fecato rescaldato,
15
la milza grossa, el ventre enfiato,
lo polmone sia piagato
con gran tossa e parlasia.
A me vegna le fistelle
con migliaia de carvoncigli,
20
e li granchi siano quilli
che tutto repien ne sia.
A me vegna la podagra,
mal de ciglio sì m’agrava;
la disenteria sia piaga
25
e le morroite a me se dia.
A me venga el mal de l’asmo,
iongasece quel del pasmo,
como al can me venga el rasmo
ed en bocca la grancìa.
30
A me lo morbo caduco
de cadere en acqua e ‘n fuoco,
e ià mai non trovi luoco
che io affritto non ce sia.
A me venga cechetate,
35
mutezza e sordetate,
la miseria e povertate,
e d’onne tempo en trapparia.
Tanto sia el fetor fetente,
che non sia null’om vivente
40
che non fugga da me dolente,
posto ‘n tanta ipocondria.
En terrebele fossato,
ca Riguerci è nomenato,
loco sia abandonato
45
da onne bona compagnia.
Gelo, granden, tempestate,
fulgur, troni, oscuritate,
e non sia nulla avversitate
che me non aia en sua bailia.
50
La demonia enfernali
sì me sian dati a ministrali,
che m’essercitin li mali
c’aio guadagnati a mia follia.
Enfin del mondo a la finita
55
sì me duri questa vita,
e poi, a la scivirita,
dura morte me se dia.
Aleggome en sepoltura
un ventre de lupo en voratura,
60
e l’arliquie en cacatura
en espineta e rogaria.
Li miracul’ po’ la morte:
chi ce viene aia le scorte
e le vessazione forte
65
con terrebel fantasia.
Onn’om che m’ode mentovare
sì se deia stupefare
e co la croce signare,
che rio scuntro no i sia en via.
70
Signor mio, non è vendetta
tutta la pena c’ho ditta:
ché me creasti en tua diletta
e io t’ho morto a villania.

L’obiettivo di Iacopone in questa laude è sostanzialmente quello di toccare la massima sofferenza umana ed esprimere la propria volontà di espiare tutti i peccati della sua epoca, assumendo su di se l’intera colpa, chiedendo a Dio sofferenze e martiri senza gloria: eppure, come afferma nell’amara conclusione, sa che sarà comunque insufficiente a espiare il fardello che grava sull’umanità, cioè l’uccisione di Cristo. Mi è venuta in mente perchè ho pensato a quanto sarebbe stato contento Iacopone con tutta questa influenza assassina in giro, e invece noi tremiamo e ci laviamo le mani in continuazione, proprio un altro mondo.

Intanto, però, per non rischiare mangio circa un kg di mandarini al giorno, leva la suina di torno me l’ha detto il dottore.
Per Atena abbiamo bisogno di un po’ di sobrietà.